Malcolm & Marie, recensione film

Malcolm & Marie, per la regia di Sam Levinson e primo film ultimato durante la pandemia, affronta diverse sfumature del rapporto di coppia, tramite i due personaggi speculari ma contemporaneamente agli antipodi di Malcolm e Marie, interpretati da due straordinari e brillanti John David Washington e Zendaya. Sam Levinson mette insieme un lockdown emotivo, a cui si concede solo qualche boccata d'aria, in una sorta di confronto-scontro indesiderato ma necessario.

Malcolm è un regista esordiente, lodato dopo la prima assoluta del suo film (in cui si è dimenticato di ringraziare Marie, compagna e musa); lei, elegantissima e pensierosa, gli prepara un agrodolce Mac and cheese, covando un pericolosissimo silenzio. 

Questi sono i presupposti di Malcolm & Marie, film che non esita a collocare le sue premesse estetiche in un terreno nostalgico, con i lunghi titoli di testa e il bianco e nero nei 35 mm di Marcell Rèv, stesso direttore della fotografia che ha lavorato con Sam Levinson anche ad “Euphoria”. 

Malcolm e Marie è un film che fa da specchio; si pone come notte della verità su un rapporto di coppia, in cui assistiamo a un doppio flusso di coscienza, feroce e lucido. Una serata in cui si parla, una tempesta di coppia in cui confluiscono rabbia e debolezza, si getta sale sulle reciproche ferite. 

E' un tour de force emotivo, un gioco al massacro fatto di soliloqui taglienti, egocentrismo tossico e sabotaggio della persona amata, ma anche di interdipendenza, reciproca necessità e ispirazione, una pièce teatrale condotta da lei, che ha solo un nome, e da lui che ha sia nome che cognome. È attorno a lui che dovrebbe ruotare la serata, una serata di festeggiamenti. Marie è supporto emotivo, è il punto di vista esterno necessario e anche l'ancoraggio alla realtà di un artista dall'ego smisurato. Lui è il soggettivismo esasperato. La loro è un'alleanza ma è anche sabotaggio, rabbia, fuoco, e anche un sodalizio artistico, che si fonda su reciproco soccorso, passione e arricchimento. Lei, in quanto musa, vista come un'idea, un'ispirazione, pretende un grazie. Vuole un riconoscimento. Lui ottiene il riconoscimento quella sera, lei no. Marie il discorso che tanto avrebbe voluto sentire, non lo sente da lui, se lo fa da sola. Però, restano comunque l'uno per l'altro la scelta, persone a cui affidarsi nonostante tutto.


E' una serata fatta di innesti di danza amorosa, si sferrano pugni verbali durante una sorta di corpo a corpo che diventa abbraccio, preliminare sessuale, avvicinandosi al sesso, ma rimanendone a debita distanza. E’ un confronto che diventa un passo a due tra amore e odio, fatto di micro riconciliazioni, silenzi, urla e baci. 

Sotto il profilo audiovisivo si apprezza un approccio del tutto regolato e conforme alla narrazione; “Down and out in New York City” di James Brown inaugura una ricca playlist che farà da accompagnamento del crescendo di tensioni, in cui emergono i non detti della coppia. Il sottofondo jazz viene annientato, è sussurrato, vorrebbe emergere, prendere il posto degli attori, ma viene sovrastato col loro fuoco, rimorsi, frasi dette in malo modo, sentenze da ritirare. E’ un continuo scagliarsi prepotentemente l'uno sull'altro, nella villa lussuosa che è gabbia dorata, dove ci sono due predatori alfa, che vogliono mettersi sullo stesso piano e gettare l’uno sull’altro monologhi utilizzati come arma impropria. Encomiabile è la maniera di dirigere e disporre in scena dialoghi taglienti, perfettamente lucidi anche se dovrebbero sembrare brilli. 

La telecamera si insinua nell'intimità della coppia, si aggira furtiva spiandoli dall'interno ed esterno della casa, in un circolo vizioso di parole taglienti in cui nulla può sfuggire. Una notte in cui si discute di autenticità, al cinema e in amore, di passato doloroso, di risentimenti per scelte non fatte. Si parla anche di libertà creativa, della diversa percezione di pubblico e critica nei riguardi di un film, di quello che un regista avrebbe voluto trasmettere e ricevere e di come i pregiudizi e le aspettative possano condizionare irreversibilmente il destino di un'opera.

Malcolm & Marie non parla solo di amore, ma anche di riconoscimento e di creazione artistica, cosa questo implica e che effetti indesiderati ne possono derivare, suggerendo anche un gioco di specchi e rimandi tra il mondo diegetico di Malcolm e quello biografico e produttivo di Sam Levinson.

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