Angelo Maggi - The Interview


Angelo Maggi, la sua voce oltre il buio - The Interview





















 
Non veste i loro panni, ma è la voce di Chuck Noland (Cast Away, Robert Zemeckis, 2000), Tony Stark (Iron Man, Jon Favreau, 2008), Dr. "Perry" Cox (Scrubs, 2001-2010): Angelo Maggi Mariotti è un attore, doppiatore e direttore del doppiaggio italiano attivo da oltre trent'anni. Voce ufficiale di Tom Hanks, Robert Downey Jr., John C. McGinley, Angelo debutta come attore teatrale negli anni '80 sotto la guida del maestro Vittorio Gassman nello spettacolo "Fa male il teatro", che - ossimoricamente - ebbe piuttosto un impatto taumaturgico sulla sua timidezza. Si forma sotto l'ala dei più noti maestri (Eduardo De Filippo, Marcello Mastroianni, Giorgio Albertazzi) nella Bottega Teatrale di Firenze, una scuola di recitazione fondata da Vittorio Gassman nel 1979 che si occupava di preparare giovani attori provenienti da tutta Italia.

"Gassman anteponeva la parola al movimento, ed è stata proprio la parola a farmi innamorare del doppiaggio" dice Angelo, che ci racconta del primo film visto al cinema da spettatore: "Avrò avuto sette anni, mio nonno originario del Vomero mi portò al cinema ad assistere al film di Nanni Loy Le quattro giornate di Napoli (1962), una pellicola cruda e violenta che racconta l'occupazione nazista di Napoli, in cui i napoletani si distinsero per la fervida resistenza. Rimasi impressionato, chiesi a mio nonno di uscire prima della fine del film e l'impatto fu tale che lo sognai per mesi"È nel ricordo del nonno napoletano che Angelo Maggi costruisce vocalmente il personaggio del Commissario Winchester, il pubblico ufficiale impulsivo e pasticcione de I Simpson.




G. Nel 2008 arriva il ruolo di Tony Stark in Iron Man, qual è stata la tua reazione? 

A. Il direttore del doppiaggio Marco Guadagno e la Disney (Roberto Morville) mi scelsero senza fare il provino. Quando arrivò il ruolo nel 2008 "Iron Man" (Jon Favreau) non sembrava destinato a riscuotere un successo colossale. Entrare nella cultura pop dei giovani ragazzi attraverso il personaggio di Tony Stark è stata sicuramente una grande fortuna. Con il film oltretutto è iniziato un percorso di ridefinizione della grafica fumettistica del personaggio e della sua personalità. È stata quest'occasione, insieme a "Zodiac" (David Fincher, 2007) a risollevare Robert Downey Jr. dal tunnel di eccessi che lo stava portando alla rovina e a donargli una nuova linfa artistica.

D. Con la voce di Tony Stark, il personaggio che possiede forse l'arco narrativo più eclettico nel Marvel Cinematic Universe, sei entrato nella vita di tanti ragazzi. Che rapporto hai con i tuoi fan? 

A. Durante la quarantena in questi ultimi mesi mi sono dedicato in maniera divertente ad Instagram, questo nuovo social snello e fluido che mi ha avvicinato a tantissimi ragazzi. Molti di loro mi chiedono consigli e la responsabilità sulle mie spalle è grande. Al di là della professionalità delle mie interpretazioni l'empatia che ho sviluppato con questi giovani è stata diretta, più umana, di scambio e confronto.

G. Tom Hanks e Robert Downey Jr.: quali sono le differenze nel doppiaggio dei due diversi attori? Come hai costruito la loro fisionomia vocale?

Angelo mostra alla camera "Wilson", la celebre palla a cui Tom Hanks, naufrago solitario in Cast Away, disegna un volto amico per fargli compagnia nella solitudine.

A. Tom Hanks è l'attore a cui sono sicuramente più affezionato. Abbiamo un legame da 25 anni, da quando prestai la mia voce in Cast Away. Lo sento vicino a me come tipo di sensibilità, forse perché siamo coetanei, forse perché ho condiviso con lui una cena a Venezia quindici anni fa. È un attore fantastico, versatile in film che spaziano dalla comicità al dramma più tragico. Un attore a tutto tondo che conserva sempre una sottile vena di ironia. La possibilità di aggrapparsi alle sue mille sfumature ne facilita senza dubbio il doppiaggio. Diverso è l'approccio al personaggio interpretato da Robert Downey Jr. che mi rende dieci anni. Così come per il Dr. Cox in Scrubs il lavoro è stato più difficoltoso: per la sottile ironia e la rapidità di dizione nei "monologhi a mille" mi capitava spesso di incespicare, in gergo tecnico si dice "scivolare". Con Marco Guadagno abbiamo deciso di dare questa dizione al personaggio; il rischio era quello di perdere il carattere frizzante di Tony Stark. Una difficoltà che però si è appianata nel corso del tempo. Questa è la fortuna di rimanere legato ad un personaggio per così tanti anni.

D. Quali sono i processi del lavoro su un personaggio? Bisogna mantenere una voce simile a quella dell'attore originale o cercare di donare una  nuova caratterizzazione vocale e strutturale del personaggio mantenendone la filosofia?

A. Almeno trenta ragazzi al giorno mi scrivono in direct di voler fare i doppiatori. Il doppiatore non è un mestiere, non siamo imitatori. La competenza nel doppiaggio è una skill di un attore o di un artista (molti provengono dall'ambiente radiofonico e musicale). Ciò che dico sempre è di osservare e rispettare un certo equilibrio tra rigore e sregolatezza. Bisogna traslare le emozioni - questa è la parola chiave - che un attore ha trasmesso nella sua lingua, in un'altra lingua con umiltà, talento e personalità. Oggi con l'avvento del digitale è possibile analizzare lo spettro vocale di un attore. Questo è uno dei criteri di selezione in fase di provino: un doppiatore spesso viene scelto in base alla vicinanza del suo timbro vocale a quello dell'attore da doppiare. Nel traslare le emozioni non bisogna imitare ma neanche allontanarsi drasticamente, siamo su una sottile lama di rasoio.

G. Aneddoti di provino: raccontaci il tuo provino più difficile

A. Il provino per la parte del Dr. Perry Cox in Scrubs è stato il più traumatico. Non appena vidi la clip mi spaventai. Parlava a mille, con mille sfumature: incazzature, parole onomatopeiche, un ritmo incredibile. Fui molto felice di ottenere la parte non solo per la soddisfazione del momento, ma anche per il divertimento degli anni a venire. Oltre la tecnica e al di sopra del talento è l'amore folle per questo lavoro a motivarmi. Nel mio spettacolo "Il doppiattore, la voce oltre il buio", che porto da cinque anni in giro per l'Italia, unisco le mie due grandi passioni: il doppiaggio e il teatro, e spiego cosa avviene nella sala di doppiaggio ad un pubblico ignaro. 




Il mio primo provino fu invece quello per il personaggio interpretato da Steve Guttenberg in "Facoltà di Medicina" (Harvey Miller, 1985). I miei colleghi erano già addentrati io invece ero agli esordi. Il primo ruolo da protagonista non si scorda mai. Erano le 16 di un caldo pomeriggio di giugno, in un cinema di Via Tuscolana con solo 15 persone in sala. Alla prima risata del pubblico mi commossi: stavano ridendo per la mia voce su una faccia di un altro.
Negli anni ottanta se dicevi "Faccio l'attore" ti chiedevano "Sì ma, veramente? E da grande?". Non era considerato un mestiere. Racconto questa verità nello spettacolo "A modo mio" un recital con un pianoforte e una chitarra. Quando ero a Milano per l'Enrico IV di Pirandello (di Giorgio Albertazzi) con il mio amico Nicola Pistoia arrivammo in un albergo senza aver prenotato e chiedemmo una tripla. Sul documento di Pistoia c'era scritto "professione attore" e loro... non "prendevano attori". Di solito quando faccio i provini però me li voglio dimenticare quasi subito; mi dico "se lo vinco, mi chiamano". I provini non finiscono mai.




D. La voce italiana dello Sceriffo Woody, Fabrizio Frizzi, è scomparso prematuramente nel 2018. Com'è stato prestare la voce al suo personaggio animato in Toy Story 4?

A.  Un'avventura meravigliosa. Conoscevo poco questo mondo, forse per il divario generazionale, ma scoprirlo è stato incredibile. Fabrizio era un amico, giocavamo insieme a calcetto; ho accolto la malinconica eredità cimentandomi nella realizzazione di questo personaggio dotato di un'umanità incredibile. Sebbene sia un leader Woody ha nel cuore chiari sentimenti di amore e di amicizia. Qualche giorno fa mettevo in ordine i giocattoli sulla libreria, me li guardavo e mi sembrava strano che non mi parlassero. Mi sono detto "ora vado di là, vedrai che si mettono a parlare".

G/D. Quali sono i tuoi programmi futuri? 

A. Sto aprendo uno spazio teatrale a Roma, zona Prati: 600 m² di superficie in un ex cine club storico "Il labirinto", con due sale teatrali, un caffè letterario, una sala doppiaggio e una sala grande che sarà adibita al cineforum settimanale. Proietteremo film appena usciti dal circuito: la vera chicca è che sarà possibile vederli in compagnia degli attori che hanno doppiato i protagonisti. Tutti mi hanno dato del pazzo, ma la mia famiglia, mia moglie, mio figlio e mia sorella mi hanno sostenuto. Dalla crisi nasce l'inventiva, apre la mente e la voglia di fare. L'obiettivo con la futura Accademia dei Quiriti è quello di trasmettere la mia esperienza ai giovani che muovono i primi passi nel mondo del doppiaggio, formarli e guidarli per evitare che commettano errori che ho sperimentato prima di loro. 



Angelo ci chiede di chiudere gli occhi e nel silenzio delle nostre camere si materializza, carne e voce Tony Stark: "Voglio salutarvi in maniera speciale. Sono Tony Stark, Iron Man: un saluto a tutti voi da un genio, miliardario, playboy, filantropo. Vi amo tremila ragazzi". 











Angelo Maggi è molto attivo sui social, lo trovate su Instagram @angelomaggiofficial





    Intervista a cura di  Giulia Calvani

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