The Lighthouse, Recensione



The Lighthouse
ἔρως καὶ θάνατος: il delirio dell'inaccessibile



Sindrome di Stendhal per questa tela fatta di viscere, luci invisibili e respiri fangosi. Sono i mostri di Goya, con la loro inquieta finitezza umana, a restituire un'odierna reincarnazione del mito, nella cornice grigia e materica di un confinamento senza via d'uscita. 

Dopo "The VVitch" (2015), in cui ridisegnava le coordinate dell'horror, Robert Eggers torna sugli schermi alla regia di "The Lighthouse" (2019) e consacra la coppia Willem Dafoe - Robert Pattinson. Alla fine del XIX secolo, sulle coste del New England, il taciturno Ephraim Winslow (Robert Pattinson) si offre come guardiano del faro per quattro settimane sotto la guida del custode Thomas Wake (Willem Dafoe), un uomo scostante, irascibile ed estremamente duro nei confronti del ragazzo, sottomesso e disprezzato. Tenuto lontano dal faro, e costretto a svolgere i compiti più duri e faticosi, Ephraim si abbandona alla follia, in una perfetta sintesi di violenza ed erotismo. Le labbra, serrate di giorno, con l'intimità dell'alcol notturno danno respiro alle confessioni, e agli abbracci disperati si sostituiscono tentacoli soffocanti. Sono esseri mutaforma, ripresi nel drammatico tentativo di evadere da sé e dai propri ricordi distorti per immolarsi come corpi nudi alla conoscenza. 

Nella Metafisica Aristotele descrive la naturale tendenza umana alla conoscenza, ἔρως καὶ θάνατος, anello di congiunzione tra la più potente adorazione e l'insania più perversa. Conteso dalla pulsione terrena alla carne e dalla spasmodica vocazione all'ignoto, l'uomo vive il dramma onirico dell'alienazione, al punto da non saper più distinguere sogno e realtà. L'umano, deforme nello spirito, rinnega il proprio corpo e lo svilisce, dandolo in pasto al pantano, al putrido olezzo di urina e lordura, deride il presagio funesto, e poi lo patisce. Inganna Proteo, e si fa Prometeo donando il suo ventre, allegoria metafisica dell'elevazione animica all'intelletto.

Thomas Wake (eng."awake", "sveglio") incarna il rigore corrotto dal vizio, manipola l'uomo terreno e di esso si serve per sfamarsi. È Saturno che divora i suoi figli, li umilia, li schernisce e prima di divorarli, li ama. E nell'abbraccio remissivo che si staglia al centro del quadro si assolvono le debolezze umane. La fotografia (Jarin Blaschke) omaggia Schneider, Goya, Hopper. E ancora l'Espressionismo di Lang e Murnau, gli squarci di luce di Bergman, con una pellicola girata in 4:3 che riduce ai minimi termini spazi e personaggi.

Eggers con "The Lighthouse" dà vita a due creature antitetiche che condividono lo stesso nucleo: il saggio Proteo, che conserva e custodisce gelosamente il fuoco della conoscenza, e l'ossesso Prometeo, che ingaggia con la sua nemesi una sfida esiziale, erotica e logorante per la supremazia virile, alla conquista di un'inebriante onniscienza. L'antinomia si regge sul doppio, l'inganno sulla duplicità. Chi è servo, chi padrone? Chi è folle, chi sano? Il delirio appartiene al potente o all'onnipotente, all'umano o al disumano? Robert Pattinson ancora una volta si conferma uno degli attori più promettenti della sua generazione, dotato di un'estrema versatilità nella sua μετεμψύχωσις [gr. "trasmigrazione dell'anima", "affrancamento dalla materia"]. Forte, senza dubbio, dell'urto provvidenziale con Willem Dafoe, maestro dell'espressione.


Giulia Calvani






Commenti

  1. Sempre un piacere leggere le tue recensioni. The lighthouse film incredibile che conferma Eggers nell'olimpo dei registi dell'horror moderno, assieme a Peele e Aster.

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  2. Grazie di cuore! Già al suo esordio Eggers aveva dato prova della sua cifra stilistica. Insieme a Peele e Aster la triade sembra completa e provvidenziale. Staremo a vedere!

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