I care a lot, Recensione film


“Credete di essere delle brave persone, non lo siete… Una volta ero come voi, pensavo che giocare sodo e lealmente mi avrebbero portata al successo e alla felicità. Non è così. Il gioco leale è una presa in giro inventata dai ricchi per far restare il resto di noi poveri”:

I Care a lot parte con una dichiarazione di intenti efficacissima, proferita dalla protagonista assoluta del film, Marla Grayson, una Rosamund Pike nel ruolo di un'algida e spietatissima tutrice legale. Caschetto dal taglio perfetto, completi monocromatici, faccia angelica sempre sorridente, che nasconde un'ambizione e una sete di potere inesauribili: Marla Grayson è incarnazione imponente dell'avarizia incontrollata all'interno di un sistema che permette lo sfruttamento e l’opportunismo. Marla manipola le regole, ma non le infrange esattamente. È un mostro generato dal sistema e per questo un personaggio tanto sgradevole quanto cinematograficamente forte e irresistibile. È una barbie tutta istinto predatorio, un'approfittatrice senza scrupoli, dotata di una determinazione raggelante. 

Come Marla, anche il film è spietato e implacabile. In questo thriller squisitamente cattivo il sogno americano è diventato un incubo, di cui si cibano predatori pronti a calpestare chiunque pur di raggiungere il successo e il denaro. Assieme alla sua “partner in crime” e amante Fran (Eiza Gonzales in un ruolo inedito, fragile e vulnerabile) la donna riesce sempre a farla franca, circuendo e manipolando anziani indifesi, con la scusa che non siano più in grado di prendersi cura di sé stessi, per prelevare i beni materiali (e non) messi da parte in una vita intera. È un mondo di prede soggiogate da predatori, agnelli silenziati da leoni, in una dicotomia simbolica a cui Marla piace tanto paragonarsi. Se a tratti emerge una parvenza di umanità, legata all'amore, il suo raggio d'azione è ridotto al minimo. Tutto sembra andare per il meglio, fino al giorno in cui Marla se la prende con l’anziana sbagliata: Jennifer Peterson (Dianne Wiest), una pensionata che nasconde un segreto pericoloso. E se di mezzo c’è un mafioso russo appassionato di dolci (Roman Lunyov, interpretato da Peter Dinklage) le premesse per un thriller sfacciato e stravagante ci sono tutte. 

J Blakeson è un narratore onnisciente, ci fa perdere tra i sotterfugi e le malefatte di un mondo all'apparenza glorioso e patinato, per poi scombinare le carte in tavola, con un ritmo serrato, enfatizzato da una traccia musicale affilata e subdola, tanto quanto il bob di Marla. I personaggi del film si muovono tra sentieri tortuosi in cui i ruoli non sono facilmente decodificabili, dove il caos si scontra con la smania di esercitare un controllo. Cifra stilistica della scrittura di Blakeson sono i dialoghi taglienti, la combinazione di battute provocatorie e di malvagità deliziosamente crudele. Si mette in scena un gioco al massacro che assume toni sempre più grotteschi, in cui anche per due personaggi apparentemente nemici, è facile dimenticare la ragione per cui si è in guerra, se ad alimentarli sono le stesse regole del gioco e la fame insaziabile di scalata verso il successo. 

Costumi e fotografia, l’illuminazione quasi clinica del film, fanno di Marla Grayson una dei villain migliori del cinema contemporaneo. Niente è lasciato al caso: dall'abbigliamento ai capelli, al cibo che consumano, questi personaggi sono caratterizzati nei minimi dettagli. Sono figure respingenti, che condanniamo moralmente, eppure terribilmente affascinanti. Attraverso la teatralità impercettibile di alcuni gestistudiati, Marla assurge ad emblema del sogno americano dell’autoaffermazione portato alle estreme conseguenze. Sposta lentamente i capelli con la mano per mostrare le prove giudiziarie che la faranno vincere ancora una volta; si avvale di una cura estetica maniacale e comportamenti affabili e manipolatori per riuscire nei suoi intenti. “I care a lot”, il titolo stesso gioca con le parole: avere cura, ma anche interesse. Ci sono interessi economici dietro le malefatte di Marla, bramosa di salire sempre più in alto, confermarsi predatrice, leonessa. Marla si muove in una dimensione ben lontana dai classici stilemi emotivi, che denota una cupidigia senza fine. È un vortice delirante e distruttivo quello in cui veniamo condotti dalla Marla di Rosamund Pike, che ci regala il suo ruolo più riuscito dopo aver interpretato la machiavellica e vendicativa Amy in “Gone Girl” (2014) di David Fincher.

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